Eccoci nuovamente all’appuntamento di Sonar, la rubrica di approfondimento di Cube Radio News.
Nel corso del Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici conclusasi circa una settimana fa, sono stati messi sul piatto i cinque macro-obiettivi per la transizione ecologica: neutralità climatica; azzeramento dell’inquinamento; adattamento ai cambiamenti climatici; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi; transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia.
Ebbene, è impossibile non parlare di bioeconomia alimentare e rimarcare la sua importanza in uno scenario che vede l’indicatore dell’esaurimento ufficiale delle risorse rinnovabili che la terra ha annualmente da offrire, ovvero l’Earth Overshoot Day, in continua scadenza anticipata. Cibo e agricoltura sono probabilmente le prime risorse che ci vengono in mente se pensiamo al sostentamento dell’umanità, ma allo stesso tempo sono tra le prime ad essere caratterizzate da scarsità e disuguaglianza di distribuzione nel mondo. Non a caso, questo aspetto è coperto da 3 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nell’Agenda 2030 che i 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto nel 2015.
Ma cos’è la bioeconomia e come costituisce una strategia importante per il conseguimento di tali Obiettivi? Si tratta, secondo quanto riporta la Commissione Europea in un documento del 2012, di “quell’insieme di attività economiche connesse all’invenzione, sviluppo, produzione e uso di prodotti e processi a base biologica all’interno di 3 macro-settori, quali il settore agroalimentare, quello delle foreste e bioindustria e quello della bioeconomia marina”. Per il primo, è prevista una produzione basata su materie prime rinnovabili, per gli altri due invece il riciclo e riuso di scarti biologici. Per entrambi i casi, caratteristica comune è il basarsi su disponibilità locali e su un migliore coinvolgimento con la politica e i privati.
In Europa, si legge sempre nel report, circa 40 nazioni stanno lavorando su questo interessante aspetto che è la Bioeconomia, con un tetto di circa 2.000 miliardi di euro di fatturato annuo a confermarlo.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, un report di FoodDrinkEurope del 2015 attesta che la Bioeconomia ha raggiunto un giro d’affari di 250 miliardi; in particolare, l’Industria alimentare italiana, con un fatturato di 132 miliardi di euro, è il secondo settore manifatturiero nazionale ed il terzo in Europa, dietro le industrie tedesche e francesi. “Questo, grazie alle sue stesse caratteristiche strutturali, all’utilizzo di marchi notori e all’alto valore aggiunto derivante dal fatto che i prodotti italiani portano in sé valori culturali, sociali ed ambientali” si legge ancora nel documento.
In conclusione, Il senso di puntarci i riflettori addosso è legato agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che rappresentano la nostra ‘’Stella Polare’’; è necessario garantire alle persone accesso a cibo sufficiente, sicuro e nutriente, come indicato da uno di questi e la Bioeconomia può essere un’ottima strategia da impiegare. Sebbene un rapporto dell’Overseas Development Institute rivela che i maggiori Paesi industrializzati continuino a finanziare carbone, petrolio e gas, l’Europa più di tutti deve rispettare l’impegno preso nelle sedi internazionali e promuovere soprattutto il diritto al cibo come diritto globale. Naturalmente ci sono aspetti come la politica, le strategie aziendali, lo sviluppo di tecnologie e meccanismi di gestione che vanno considerati al fine di prevedere e contrastare effetti indesiderati; ma il 2030 è alle porte e l’impronta ecologica, uno tra gli indicatori più completi ad oggi disponibili per la contabilità delle risorse biologiche, batte sempre più alla nostra porta delle responsabilità.
Il Sonar di oggi termina qui, Agata Borracci per Cube Radio News, a voi studio.