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Nel corso della 79a Mostra del Cinema di Venezia, allo Spazio Fondazione Ente dello Spettacolo, in occasione del novantesimo anniversario di Famiglia Cristiana, il presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto, ha consegnato uno speciale premio alla carriera al regista Krzysztof Zanussi, i cui lungometraggi hanno sempre rappresentato un connubio pregevole tra cinema e spiritualità.
Zanussi, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico di origine polacca è particolarmente legato sia in maniera affettiva che professionale alla Biennale: nel 1984, infatti, ha vinto il Leone d’Oro con L’anno del sole quieto, il film che l’ha consacrato definitivamente a livello internazionale.
Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana, a proposito della consegna del premio istituito dal settimanale, ha affermato che l’intento è quello di celebrare un maestro che, in linea con i valori della rivista, ha accompagnato le persone nella riflessione e nella ricerca spirituale.
Nel corso della cerimonia di premiazione il regista ha rilasciato ai microfoni di Cube Radio una breve intervista.
Maestro, come possiamo contrastare la perdita di vitalità che oggi sembra affliggere la nostra cultura occidentale?
«Credo che l’essere umano non è preparato per vivere in ricchezza e in benessere, tra le certezze e la sicurezza. Tutti gli esseri viventi sono sempre vigili, sanno che la vita è un’avventura pericolosa, ma noi abbiamo perso, negli ultimi 20-30 anni, questo istinto di autodifesa. Questa è la mia diagnosi. Mi sembra che dobbiamo recuperare il senso della drammaticità della vita per essere vicini alla verità, se no siamo frivoli, siamo poco responsabili e siamo ingenui, pensando che la vita può svolgersi così leggermente come si svolgeva negli ultimi anni. Relativamente alla storia abbiamo vissuto quasi 70 anni, in Europa senza guerra, senza grande crisi, senza rivoluzione: normalmente questo non accade e dobbiamo essere coscienti che per la pace, per la libertà si deve combattere e questo non va dato per scontato».
Può, invece, la spiritualità contaminare il cinema contemporaneo?
«Io credo che ciò che contamina il cinema è il concetto che tutto deve essere piatto e accessibile per il numero più grande e invece c’è sempre un aspetto verticale della cultura e ci sono i vertici, quelli che fanno progresso. E allora questo ci manca».
Cosa ricorda della sua presenza alla Mostra del Cinema?
«Questa Mostra è un’istituzione del mio mestiere, non c’è cinema senza Mostra di Venezia. Mi ricordo sempre che sono stato molto coinvolto con tutto quello che passava, con le scelte fatte dai vari direttori, le varie tendenze e la grande accoglienza di questo Festival. Questa accoglienza è una cosa tipica dell’Italia, non so se c’è in altre nazioni in Europa così tanta accoglienza come da parte degli italiani, abituati a questa peste dei turisti. Voi avete il modo di convivere con queste folle che, come a Venezia, non lasciano spazio per vivere ai locali».
Cosa ricorda, invece, del 1984, anno in cui vinse il Leone d’Oro proprio qui a Venezia con L’anno del sole quieto?
«Il momento della premiazione è sempre una grande gioia: mi ha premiato Antonioni, un regista che stimo molto. Allora tutto insieme era un bellissimo sogno, ma durava solo poche ore perché dopo già ero tornato alla realtà».
Da Claudia Gallinaro, per Cube Radio Venezia, è tutto.