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I pazienti affetti da West Nile «Presentano importanti encefaliti, che necessitano di cure ad alta intensità, spesso con degenze che si protraggono per numerosi giorni. Alcuni di questi pazienti ospitati in terapia intensiva sono relativamente giovani, attorno ai 50-60 anni», afferma il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Padova, il dottor Giuseppe Dal Ben. «I restanti sono anziani, colpiti duramente da questo virus, che quest’anno sembra particolarmente aggressivo – continua Dal Ben –. Consigliamo grande attenzione e di adottare le più elementari misure di contenimento del contagio, come l’uso di repellenti, l’evitare luoghi all’aperto nei pressi di acque stagnanti e possibili ambienti a rischio, e l’uso di vestiti a maniche lunghe».
All’ospedale patavino, infatti, i casi dei degenti per infezione da West Nile sono diventati 15 in pochi giorni, di cui 10 sono in gravi condizioni e ricoverati in terapia intensiva. Dall’inizio di giugno 2022, in Italia, sono stati confermati, da parte dell’Istituto superiore di sanità (aggiornamento del 18 agosto), 230 casi di West Nile Virus nell’uomo, di cui quasi due terzi solo in Veneto.
Già lo scorso 9 agosto, era stata pubblicata un’ordinanza da parte del sindaco di Padova Sergio Giordani relativa alle disinfestazioni a causa dei focolai rilevati nella città di infezione da West Nile, più precisamente in Via Filangeri alla Guizza, Viale Cavallotti e Via Fratelli Bandiera in zona Bassanello e Viale San Giovanni Bosco alla Mandria.
Rimane alto dunque il livello di allarme in Veneto. Tra i motivi dell’elevata incidenza della “febbre del Nilo” a Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria sta valutando l’ipotesi della siccità che avrebbe causato il ristagno dei corsi d’acqua che intersecano i centri urbani, portando ad una proliferazione di zanzare culex, quelle comuni, nonché portatrici del virus.
Da Claudia Gallinaro, per Cube Radio Venezia, è tutto.