Eccoci nuovamente all’appuntamento di Sonar, la rubrica di approfondimento di Cube Radio News. 

Oggi tratteremo di leadership femminile durante la pandemia. 

Di fatto, l’avvento del Covid-19 in Italia ha compromesso e modificato alcuni aspetti principali della nostra vita, come la salute, il lavoro e lo status. Dai report degli scorsi mesi è emerso come siano state proprio le donne a gestire al meglio questo periodo difficile, a maggior ragione se prendiamo in considerazione la loro situazione pre-pandemica già svantaggiosa.

Sebbene l’atteggiamento verso l’uguaglianza e l’equilibrio tra le parti stia progredendo, nemmeno le generazioni che popolano oggi l’Italia sono realmente immuni dagli stereotipi e dalle disparità di genere. Oggi persistono disuguaglianze tra donne e uomini, in particolare nel mercato del lavoro.

Secondo quanto riporta un’analisi sull’uguaglianza di genere datata 2017 a cura della Commissione Europea, il 51% degli italiani è d’accordo con la visione della donna come principale responsabile della gestione famigliare, coerentemente al 57% che crede che il ruolo primario dell’uomo sia quello di guadagnare. 

Trovano perciò giustificazione il Gender Pay Gap e il Gender Pension Gap (rispettivamente divario retributivo e divario nelle pensioni di genere) che caratterizzano la situazione economica italiana governata maggiormente da uomini ma che soprattutto determinano rischi di povertà in casi di famiglie con capofamiglia donna e con figli a carico.

La pandemia, infatti, ha ulteriormente pesato su quelle figure femminili che hanno dovuto rinunciare al lavoro – parliamo del 60% circa dei casi, secondo l’ISTAT – quando il periodo di lockdown ha interrotto quei servizi professionali dedicati all’assistenza ai bambini, gli asili e le scuole ma ha anche reso impossibile l’aiuto da parte dei nonni, ‘’pilastro del welfare familiare italiano’’ sempre stante l’ISTAT.

C’è poi anche il pericolo di essere la categoria più esposta lavorativamente al virus.

Secondo il Ministero della Salute, al 2017 più di due lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale su tre erano donne, col 77,5% del personale infermieristico e quasi la metà di quello medico. Inoltre, nelle categorie di lavori ritenuti “essenziali” durante la pandemia, le donne rappresentano il 93% tra i lavoratori dei servizi per l’infanzia, il 95% dei collaboratori domestici,  l’82% tra i lavoratori dei supermercati. “Se da un lato la perdita di posti di lavoro ha riguardato in grande misura le donne, la segregazione del lavoro femminile nei settori più esposti al COVID (e tra i peggio retribuiti) le ha anche rese protagoniste della lotta contro la pandemia” conclude Laboratorio Futuro nella sua ricerca.  

Tuttavia, sono da notare i dati preliminari di UN Women (ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere ed empowerment femminile) che suggeriscono come siano state proprio le leader di sesso femminile, e in particolare i capi di stato donne, ad aver gestito meglio la pandemia rispetto alle loro controparti maschili.

Si legge nel report, infatti, come la velocità di risposta, la trasparenza nelle informazioni ed il modo di comunicare al popolo siano state le mosse più apprezzate proprio da quest’ultimo, che ne ha tratto vantaggi come meno morti pro capite per Covid-19, misure precauzionali tempestive e un rapporto di collaborazione con le donne al potere.

Secondo gli autori, il diverso stile di leadership è legato alla diversa attitudine verso il rischio, alla diversa dose di empatia e alle diverse competenze comunicative intrinseche al genere. Inoltre, grazie all’Oxford COVID-19 Government Response Tracker, uno strumento che raccoglie sistematicamente informazioni sulle misure politiche che i governi hanno adottato per affrontare il virus, è stato possibile constatare come i paesi guidati da leader donne tendano a mantenere un sostegno economico ai lavoratori più alto di quelli a guida maschille”, afferma nel suo studio la docente di Scienze delle Finanze in Bocconi,Paola Profeta.

Oltre allo scenario politico, si attestano casi di successo di leadership femminile anche nelle aziende italiane. “Laddove c’è una massa critica di donne nei Consigli di amministrazione, con almeno tre amministratrici, le aziende ottengono risultati migliori, per esempio in termini di ritorno sul capitale e margine netto di profitto”, aggiunge sempre la docente in un’intervista a Io Donna. Secondo i suoi studi, inoltre, il mondo economico si aspetta che i vertici aziendali siano più equilibrati in termini di varietà di genere, per cui un’azienda quotata in borsa che rispetta tale requisito avrà un maggiore valore azionario rispetto alle altre.
Tra l’altro, i livelli di presenza nei CdA sarebbero proprio tutelati dalla legge “Golfo Mosca” e ammonterebbero al 40%, col fine di “consolidare una cultura virtuosa non ancora del tutto affermata”, attesta ASviS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

C’è poi un reale riconoscimento per quelle donne che stanno cambiando le imprese con le proprie abilità. Il premio “merito e talento” di Valore D, ALDAI-Federmanager e Gruppo Minerva, giunto nel 2020 all’ottava edizione, ha infatti lo scopo di raccontare modelli positivi di leadership femminile e di onorificare le donne che li hanno resi reali. Perché Il cambiamento passa anche attraverso l’esempio.
Nello stesso anno prende luogo anche la prima edizione del G20 per l’empowerment femminile, nel corso del G20 a presidenza italiana. Con l’apporto di oltre 150 esperienze aziendali e di organizzazioni provenienti da 23 paesi diversi, l’obiettivo del progetto è quello di raccogliere e stilare una lista di migliori pratiche di aziende private per poi diffonderle globalmente al fine di ispirare più realtà possibili. Stando a quanto scrive ilSole24Ore, questa gamma teorica di possibili tattiche per il 2021 si concentrano maggiormente su 3 temi: lo sviluppo di un percorso atto a promuovere talenti e che rimuova il cosiddetto ‘’soffitto di cristallo’’ (la barriera invisibile che non permette alle donne di fare carriera ai vertici), la misurazione dei progressi fatti a seguito della definizione di obiettivi precisi e concreti ed infine l’educazione e formazione per ripensare il modello di leadership e sostenere l’empowerment femminile.

In questo, la dimensione pratica è costituita dalla lista di parametri utili per misurare l’attuazione di questo cambiamento circa la carriera delle donne.

‘’Obiettivi, indicatori di performance e monitoraggio risultati sono gli ingredienti essenziali da non dimenticare per poter progredire nel percorso di diversity & inclusion’’ afferma Laura Villani, managing director e partner di Boston Consulting Group (BCG). 

Per concludere, nonostante le donne si siano trovate ad affrontare una crisi in condizioni più svantaggiate rispetto agli uomini e i dati sembrano essere ancora scoraggianti, la loro forza e perseveranza è emersa più che mai confermando ancora una volta come gli equilibri siano sempre da preservare e promuovere in tutti i campi, anche quelli relativi al genere.

L’appuntamento Sonar di oggi termina qui. Agata Borracci, linea allo studio.