Ben ritrovati con un nuovo appuntamento di Sonar, la rubrica di approfondimento di Cube Radio News. Oggi tratteremo di obsolescenza programmata.
I dispositivi elettronici che popolano la nostra quotidianità durano sempre meno, conseguentemente il mercato continua a richiederne di nuovi per sostituire quelli da gettare via. In un mondo in cui le risorse sono in esaurimento e l’inquinamento risulta essere un problema centrale nell’agenda setting, si cerca di individuare il problema a monte di questo fenomeno e come risolverlo.
Si chiama obsolescenza programmata e qualche anno fa compariva su quasi tutte le testate giornalistiche, indignando gran parte della popolazione.
Nell’Ottobre 2018, infatti, l’Antitrust ha multato Apple e Samsung per “pratiche commerciali scorrette“, in violazione del Codice del consumo, in merito alla pubblicazione di aggiornamenti del firmware dei loro prodotti atti a scatenare disfunzioni ed un calo voluto delle prestazioni.
Si tratta della prima punizione direttamente legata all’obsolescenza programmata, che da anni ha segretamente preso in giro migliaia di consumatori e fatto guadagnare facilmente diverse aziende.
Lo scopo, da parte di queste ultime, è quello di garantire la propria crescita economica minacciata dall’eccessiva durata dei prodotti. Grazie all’installazione di chip, all’uso di materiali scadenti e poco resistenti oppure alla presenza di componenti creati appositamente per smettere di funzionare dopo il periodo di garanzia, il consumatore non può godere di un long-life product ma deve bensì ricorrere all’acquisto di uno nuovo.
Occorre specificare che l’obsolescenza programmata non è attuata solo dalle aziende tech, ma ha radici molto più antiche e profondamente compenetrate nel terreno del consumo.
Si potrebbe raccontare di quando, nel 1923, alcuni imprenditori statunitensi decisero di rilanciare il saturo settore delle vendite di lampadine dimezzando il ciclo di vita di queste ultime da 2500 ore a 1000 ore. O ancora, il caso delle calze di DuPont degli anni 30, che ordinò di indebolire la fibra del nylon in quanto troppo resistente per causare delle smagliature al prodotto.
Perché allora non ricorrere alla riparazione? Il motivo è presto detto: generalmente questi prodotti sono realizzati in modo tale che i costi di riparazione risultino superiori a quelli di acquisto di un nuovo modello.
Basti pensare al fatto che i produttori non commercializzino i singoli componenti delle grandi case madre – anche per evitare contraffazioni e imitazioni. Alcuni negozi di riparazione ci provano utilizzando pezzi non originali, ma questo si traduce in spese di manodopera, difficoltà a reperire i ricambi e rischi di malfunzionamenti che portano il consumatore a comprare un nuovo modello in ogni caso o, nel migliore delle ipotesi, ad acquistare pacchetti di garanzia estendibile.
Per una società abituata al facile rimpiazzo e ad una filosofia usa e getta, l’obsolescenza programmata può aggravare il problema dell’inquinamento ambientale: questa infatti provoca un aumento dei rifiuti RAEE i quali, a causa della loro pericolosità, devono sottostare a delle particolari norme di smaltimento. Purtroppo però, molti di questi vengono buttati via senza particolare attenzione assieme ad altri rifiuti, provocando un danno ecologico importante.
Nel rapporto “The long view. Exploring product lifetime extension” di fine 2017, Onu Ambiente affronta l’obsolescenza dei prodotti la cui mitigazione “rientra tra gli Obiettivi di Sostenibilità che l’Onu ha fissato nell’Agenda Globale 2030”. L’intento è quello di fornire raccomandazioni sulle opportunità disponibili per tutti i protagonisti di mercato, al fine di affrontare correttamente le problematiche legate alla durata di ciò che compriamo. Esser consapevoli è il primo passo per contrastare questo fenomeno, optando allo stesso tempo per un prodotto dalle ottime recensioni, dal prezzo costante (che è indice di qualità) o ricondizionato ed eventualmente affidarsi a delle associazioni per la difesa dei consumatori al fine di sensibilizzare il più possibile.
È tutto per questa edizione. L’appuntamento è per la prossima settimana, Agata Borracci, linea allo studio.