Eccoci nuovamente con le notizie della settimana e con un approfondimento sulla dieta collegata all’inquinamento ambientale. Già, perché chi mangia bene sembrerebbe aiutare il pianeta.
Secondo quanto riporta la Fondazione Barilla center for food and Nutrition (Bcfn), in Occidente il consumo di alimenti provoca circa il 30% delle emissioni di gas serra.
Dato che conferma la valenza della Doppia Piramide nutrizionale e ambientale, ovvero il modello che confronta la salubrità e la sostenibilità dei diversi alimenti, e la sostenibilità a 360 gradi della dieta mediterranea. In particolare, come attesta Adnkronos, “dallo studio emerge che se una famiglia di quattro persone adottasse per un intero anno un menu sostenibile, si risparmierebbero 3,7 tonnellate di Co2, pari a quella emessa guidando per 26.000 chilometri o al consumo biennale di gas della stessa famiglia.”
Andando a vedere nel dettaglio entrambe le piramidi, verrebbe confermato ancora una volta come una dieta vegetariana contribuirebbe in misura maggiore a combattere il cambiamento climatico, dato che il consumo di prodotti di origine animale – secondo uno studio dell’Università di Oxford – causerebbe l’emissione del 60% dei gas serra per fornire il 18% appena delle calorie e il 37% delle proteine.
Un dato ancora più preoccupante se consideriamo che dal 1960 il consumo di calorie pro capite è aumentato di circa un terzo e che il consumo di carne è raddoppiato.
Orientando la propria lente di ingrandimento verso l’Italia, si può notare come l’adozione di un menu sostenibile ridurrebbe del 30% il proprio impatto ambientale in termini di emissioni di Co2, ridimensionando del 17% l’impronta ecologica, cioè il valore del consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.
“Adottare diete sostenibili diventa quindi sempre più urgente visto che nel 2050 circa 25 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni saranno malnutriti a causa degli effetti del cambiamento climatico” si continua a leggere nell’articolo.
L’Unione Europea ha infatti fissato come obiettivo da perseguire entro il 2030 quello di ridurre le emissioni di Co2 dell’80%; e se, come accennato prima, quasi la metà di queste sono legate all’intera filiera alimentare, dalla produzione fino al consumo, diventa allora necessario ridimensionarsi e sensibilizzare su questa tematica.
Tra l’altro, i benefici in termini di salute non solo della terra ma anche dell’essere umano, che si fa carico di questa dieta più equilibrata, sono notevoli. Come rivela infatti uno studio finanziato dal Ministero della Salute all’ASL di Salerno e pubblicato sulla rivista European Urology Focus, una buona dieta – associata ovviamente a regolare attività fisica – migliora la fertilità nei giovani uomini, anche se sono nati nelle aree più inquinate d’Italia.
Si tratta, dunque, di adottare abitudini alimentari che, nel piccolo della quotidianità ma anche nel grande del progetto di cambiamento globale, inseriscono un tassello importante, soprattutto se consideriamo che se non invertiamo già da ora la rotta, presto non sapremo di cosa ci stiamo realmente nutrendo.
Secondo il rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), ci sarebbero infatti dei rischi anche legati alla sicurezza alimentare, in quanto un’alta concentrazione della CO2 atmosferica sembrerebbe diminuire la qualità nutrizionale di alcuni alimenti, primo fra tutti il grano.
Il tempo a nostra disposizione è finito, appuntamento alla prossima puntata di Sonar. Agata Borracci, linea allo studio.